lunedì 25 aprile 2016

http://www.fanzineitaliane.it/fanzinoteca/index.php?lng=it&mod=articoli&pg=pagina&c=fc&articolo=1456927001

è possibile scaricare gratuitamente sul sito fanzine italiane il mio romanzo Tra i girasoli anarchici, nuova e-pubblicazione dalla Fanzinoteca d'Italia Edizioni nel progetto E-Book con la Prefazione di Marco Benazzi

Ovviamente tutti i personaggi citati in queste pagine sono inventati di sana pianta, colpa di mio padre che oltre a farmi sentire molto amato, mi ha trasmesso un’immagi

nazione spervicata.
Anche le situazioni che appartengono al filone narrativo sono esistite solo nella mia mente. Ammetto però che, scrivendo, avevo ben presente le facce di coloro che, nel bene e nel male, mi avevano ispirato. 
Le persone che nella vita mi hanno dato tanto vengono citate con affetto, quelle che mi hanno raggirato, beh, rileggendo devo dire che sono stato fin troppo generoso nei loro confronti.
I battiti del cuore cui mi riferisco nella dedica sono rappresentati da tutte le persone che mi hanno amato, anche a mia insaputa e da tutte quelle che invece ho amato io, anche a loro insaputa. 
Camposud, la dove si alza il vento, il pozzo dello zio tornato, il bosco delle anime, la casa del colore, la testa di drago e il campo di mais del vecchio Galoz sono luoghi esistiti veramente. Ora non ci sono più così come tre dei miei amici più cari con i quali scorribandavo per quei campi. Credo che questo romanzo sia il modo più affettuoso e amorevole per ricordarli.
A quei meravigliosi girasoli anarchici di Cocco, Gino e Majo. Ciao...".

Dii cosa parla Tra i girasoli anarchici?


Tommaso torna in Italia dopo aver trascorso gran parte della sua esistenza in Sud America dove è stato impegnato come medico volontario in centri di assistenza per indigenti. 

Il ritorno nel suo paese non è un semplice viaggio di piacere dato che ha da poco scoperto di essere gravemente malato.
Non nutre particolari illusioni sul proprio destino, ma in qualche modo le cose non andranno esattamente come si aspetta. 
Riabbracciando i vecchi amici torna a ritroso nel tempo per ricordare e riscoprire sé stesso. 
Incontri inaspettati, piacevoli e dolorosi, gli consentono di trovare una pace interiore che non aveva neanche sperato di provare.
C’è il ricordo delle corse di bambini in mezzo al grano, i profumi di un estate mai dimenticata, la forza dell’amicizia cementata da un patto solenne formulato con le gambe a penzoloni abbarbicati su un albero.
E quelle ferite del cuore che, per un paradosso che la vita non potrà mai spiegare, non guariscono mai.

venerdì 18 febbraio 2011

rientroleggero

ciao a tutti,
dopo una lunga lotta con gmail, sono riuscito a rientrare nel mio blog...
nel frattempo poche cose da raccontare, si continua a camminare, incespicare, respirare...
qualche follia su tela di cui presto vi darò conto,
tanto lavoro e impegni connessi
(ho contribuito a costruire il nuovo sito della società ortodontica cui appartengo - www.bioprogressive.eu )
(continuo a fare l'istruttore per la siob - per la gloria - in quel di milano)
(sto terminando la mia fatica editoriale in collaborazione con lo staff del Prof Vicini -orl di forlì- che sta per vedere finalmente la stampa dopo un anno abbondante di faticosa gestazione)
a breve verrà pubblicata online la mia terza raccolta di racconti brevi - i giardini di cortostretto - a cura di tosca edizioni - il racconto spezzato e incerto di una vecchia ferita che si ostina a non guarire

bhe, altro non ho e, per certi versi è fin troppo, dato che corro dietro ai miei figli come un matto e, ciònonostante, mi sembra sempre di non fare mai abbastanza per loro...

ok, ci leggiamo presto, vivendo...

martedì 18 gennaio 2011

ilbandito


Ogni tanto vado in bagno. Oltre ad espletare i bisogni fisiologici, leggo, scrivo, fumo e mi rilasso. In bagno? E dove se no? Ultimamente sto leggendo un libro sulla mitologia classica che narra di vicende tipo Giasone e gli argonauti. Nel luogo di lavoro sono privo di questo eridume per cui mi accompagno con riviste ben più prosaiche dove spiccano articoli di gossip, chirurgia estetica (chi si rifà le tette, chi il naso, chi – pare sia l’ultimo grido – le natiche – e così viene davvero da gridare), gli oroscopi, le lettere del cuore e cagate simili. Sfoglio e piuttosto raramente mi soffermo. Eppure, involontariamente, capita di imbattersi in articoli di rilevanza epocale come la scorsa settimana. Articolo redatto da una famosa sociologa, sessuologa, canperlaiologa e tuttologa (intuisco anche solerte pompinarologa). Argomento: l’amicizia. La tizia rimarca come, in amicizia, sia più facile accorrere presso gli amici in difficoltà piuttosto che appresso a quelli che stanno in condizioni di tranquillità emotiva. Non ci sarebbe la competizione… Allora mi sono fatto una domanda: com’è che, quando sono caduto in disgrazia presso l’universo inclinato dei benpensanti moralisti, mi sono trovato solo, nella disperazione più cupa, ho trovato intorno a me solamente il nulla? Facile fare gli amici quando tutto va bene. Cosa costa in realtà? Ma quando uno come me viene bandito, frequentarlo significa compromettersi, infettarsi. Perciò, sulla base della mia esperienza, la su citata coglionologa ha detto una solenne minchiata. La volete una nota positiva in calce? Tutto sommato, queste riviste da bagno femminile non sono completamente e soltanto leggere dato che, permettono ai masturbatori mentali come me di svolazzare pindaricamente anche più in là dello stesso Giasone e dei suoi argonauti.

domenica 9 gennaio 2011

bibiquattroanni

furbetto
pieghi e seduci e
avvolgi talora
con baci e mani
che ricordano i sogni
i segni di un minimo
piccolo volo
l'ultimo

domenica 12 dicembre 2010

Ilpratoverdeoro

dalla raccolta "i giardini di cortostretto"

Leggendo nei giornali quello che capita nel nostro Paese e, più in generale, nel mondo, continuo a stupirmi di come, quanto meno i giovani, non si uniscano in massa e levino forte il loro coro di sdegno. Poi sono costretto ad alcune amare riflessioni.

Primo. Che le cose le leggi solo sui giornali, tra l’altro solo su alcuni giornali, perché la televisione è in mano a loschi figuri che manomettono la realtà mistificandola. Secondo. I giovani sono tutti anestetizzati. Hanno a disposizione internet per vedere il mondo nella sua globalità ma passano la maggior parte del loro tempo a scriversi cazzate sui vari blog virtuali. Mi chiedo dove sono finiti quei cuori che si scaldavano al solo udire le parole libertà, uguaglianza, fratellanza… Stavamo con le chitarre in mano a contemplare i nostri prati verde-oro e progettavamo un mondo senza confini, senza soprusi, senza ingiustizie. Oggi, che sono vecchio e solo, che le chitarre si sono spente, che l’oro del grano non colora più questi prati, devo anche subire l’ultima onta. Non solo noi siamo quasi scomparsi, i nostri sogni svaniti e i colori che contemplavamo sono stati macchiati dall’edilizia selvaggia, francobollata dalle norme comunali, approvate ad convenienzam (pare che i conad, da una certa causa in poi, siano stati inseriti, non si capisce bene il perché, insieme agli edifici di interesse pubblico…). L’onta finale, il grave oltraggio è dato dalla sensazione che non ci sia più nessuno nelle giovani leve che sappia amare e proteggere un prato verde-oro. Spero di sbagliarmi…

mercoledì 20 ottobre 2010

Quatar

A j ò quatar fiul, chi l’avreb mai det… A j ò sempra pansè ch' um sareb piasù avédi burdel, mo chi ch’l’avreb mai imazinè ch'e' sareb stè in sté modi che qué. La vita la è busedra, la t tó pr e’ cul e la fa par tot e' temp e la fa quel ch'la vó lia. E té? Gnint. Te t'an gn'i pu fè gnint... Par dila tota e e s-ceta, me a j ò mes de’ mia e am sò counfezionè da par mé ‘na fata roba chè… l’è mei ch’a non scurema gamba ad quel ch’u m’è suzest. Però, a sò cuntent. Sé, parchè i mi fiul i è la mi lusa. E se ancora d’ogni tent, a fagh ‘na sbacareda, l’è propi par luitar. U j è da dì che int la sfiga però, ò ’vù nencas furtona. Di du grend an pos propi dì gnint, brev! Propi brev! Chi znin, j’è znin e i dà da fè, dal volti it consoma la pazinza, it fa brighè e tirè a dal madoni. Mo u j è e su cumpens ch’im fa arvanzè zovan un ent po’. A l’ò da fè par forza… E’ piò znin a l’ò vlù ciamè cun e’ nom de’ mi por ba. L’è stè un righeli ch’a j ò vlù fè. U s’é meriteva. L’era un oman fora dl’ordinenza, fat tot a mod sua. O u si vlevaben acsé o tal ’mazita. E me a sò coumpagna ló. Parché a n’é sò. E’ disten? L’insegnament? Quel ch’l’è, l’è. Me e e’ mi ba a sem d’la stesa pasta. Murbia d’un chent mo spinosa da cleta. Tot du avem fat di sbai, a sem stè di sumar e di quajun. Me, pó, al sò benesum d’avé fat mel al mi robi… A voi sol dì ch’an l’ò fat cun cativeria. Al savem tot. Quand t’fé ’na cazeda, dop, te dla voja te a turnè d’indria. Un s’artorna… un s’pò fè. Ut pisareb, mo un s’ pò… Dop u i vé de’ curag a fes avdéi in zir par la streda... Parché chiitar it vreb scanzlè da e’ mond. E a te ut ciapa ‘na voja ad fela fnida... Mo t’é di fiul e t’vé ’venti. No cmé prema, mo t vé ’venti d’istes. T guerd i tu fiol, ta ti strenz, t ciap só da lou la forza d’andé ’venti… e via! D’intent che e’ temp ut stro-sia, te t vé ’venti a fadighì int e’ tu lavor e dria a i tu fiul. E t spet la tu ora, o che suzeda un qualquel ch’ut posa fè turnè a rispiré un bisinin. Eco me a sò propi in che moment che lé. A fagh una fadiga dla madosca, an stagh gnenca trop ben… mo però in chev a la streda um pè d’avdéi un pó ’d lusa. L’è za da un po’ ca la vegh mo, ciou, la salida la è longa e dal volti um ven da guantè mat. Furtona a j ò i mi fiul. Ch’i ciacra,i rid, i pienz, i rogia, ch’i fa e’ dijeval… Me al vegh cla j è dura mo u i la si pò fè. D’ogni tent a scor cun e’ mi ba e um pè che ló um dega ch’a vagh ben, che l’è cuntent acsé e nenca de fat ch’ò ‘o lasè averta la porta… quela dla vita. Che ‘csè, s’e’ pasa da stal perti, ch’un ng’i venga la voja d’avnì ad dentra… chi è ch’il sa.

domenica 10 ottobre 2010

'istid da prit

A San Vittore, dopo il ristorante della Cesarina sulla sinistra, avanti cento metri c’è un piccolo cimitero. Lì è seppellito e’ Zal. Un dé a la smena e’ Gag e’ to só e' mutor e ul va a truvè. S’u n ‘è imbariegh. S’un ven zó e' temp. S’u n'a e' grop int la gola. Intignamodi lo l’è sempra a lé. Uns pó miga mov...

Come si entra, sulla destra, c’è la tomba di famiglia che fa angolo. E’ Gag si avvicina, fa un sorriso di saluto poi, con la mente, si allontana dal tempo e dalla realtà.

Tal sé chi ch'i ò vest incua? Don Arrigo, che vec invurnì! U s’è invcè… An l’aveva arcnusù. U s’è tot ingrinznì, um pè un cuciariol. L’avrà trentazencqv an piò che ne nun e us ved. Pensa ch’l'era tot instì ad nir, la tonga la striseva par tera, tota impurbiida. L'è tot gob. E' camena puzè a la bicicleta... Stresa… E' pè ona ad cal lumeghi de' fiom, grosi e niri ch'a mitami int la burseta dla tu zia... Bemo, giost la tu zia e don Arrigo… T'atarcurd cla volta, me e te, cius int l’armeri dla cambra? Cla volta e' lumagon, don Arrigo u l’aveva tr'al gambi e la tu zia l'al se lichiva cmé un giazol! Amarcord che me, da chi dé, um faset schiv. A sera un burdel… 'Des ch'a sò vec a j ò capì parchè l’era acse cuntent… Bona, u s'è fat temp d’andè a ca, sta ben. At salut. A s'avdam...

Con il cambio dell’ora legale il cielo è già viola. Ed è freddo, specialmente in moto. Mentre esce dal cimitero incrocia lo sguardo con un vecchio prete che sta entrando. Assomiglia a don Arrigo ma è un altro. È più pulito e meno curvo. L’aspetto generale però è quello di uno che si è incarognito nella vita. Viene da pensare che con grande probabilità lui non ha mai conosciuto le dolci labbra della zia Artemia… Il prete, ravvisando quella che per lui è una grave mancanza, ferma l’uomo con il casco trattenendolo per un braccio e poi, indignato, inizia a catechizzarlo.

- Chi ti ha insegnato l’educazione? Possibile che esci dal cimitero senza salutare il Signore?

- Ma se non c’è nessuno!

- Mi prendi in giro? Guarda che l’inferno è pieno di gente come te, che non portano rispetto al Signore. Oh, dico, mi stai ascoltando?

- Sì, sì. Ho sentito, mi chiedevo come fa lei a sapere chi c’è e chi non c’è laggiù all’inferno. Mi piacerebbe consultare le sue fonti. Non tanto per l’inferno, ma perché ho parecchie cose da chiedere all’amministratore generale del creato.

- Basta che leggi la bibbia! E farai meno lo spiritoso quando sarai davanti a San Pietro. Mi piacerebbe proprio vederti.

- Mi dispiace, signor Arciprete, ma dovete prendere il numero. La lista di quelli che mi vogliono vedere dall’altra parte è già bella lunga.

- Non fare il finto tonto che tanto con me non attacca! Bisogna che impari le buone maniere! E ti devi segnare quando entri o esci dal cimitero!

- M sé, sl’è par quel, al fagh sempra, stasi pù tranquel. An l’ò gnenca da pinsè. Me am segn tot al volti ca venh a qué ad dentar: am toc al pali…

Così, con un mezzo sorriso, si rimette il casco, avvia il motore e parte lasciando l’anziano sacerdote, un poco inebetito, ad incarognirsi sempre più.